- Massimo Scibona
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INVALIDITA’: PENSIONE DI VECCHIAIA ANTICIPATA
Grazie all’Inca di Alessandria, la Corte d’Appello di Torino riconosce il diritto di una lavoratrice disabile all’80% di andare in pensione di vecchiaia anticipata.
La pensione di vecchiaia anticipata deve essere riconosciuta ai lavoratori invalidi civili con una disabilità pari almeno all’80%, a prescindere dalla tipologia del lavoro svolto. E’ quanto ha stabilito la Corte d’Appello di Torino (sentenza n. 467/2020), in una causa patrocinata dai legali di Inca Cgil di Alessandria, condannando l’Inps “a costituire e liquidare in favore di una lavoratrice disabile la pensione di vecchiaia anticipata con decorrenza dalla data della domanda amministrativa e a pagarle i ratei maturati, oltre agli interessi legali dal dovuto al saldo”.
Il nodo del contendere, già oggetto di altre cause analoghe, attiene all’individuazione del tipo di invalidità a cui fare riferimento per stabilire la sussistenza del requisito sanitario, necessario per il riconoscimento della deroga rispetto ai limiti di età per la pensione di vecchiaia, che sono stati progressivamente elevati dal D.lgs n. 503/1992 (dal primo gennaio 2000, 65 anni di età per gli uomini e 60 anni delle donne, mentre prima del nuovo regime, il limite anagrafico era rispettivamente 60 e 55).
Mentre per Inps, il riferimento legislativo da richiamare è l’articolo 1 della la legge n. 222 del 1984 sull’invalidità previdenziale o pensionabile, strettamente connessa alla riduzione della capacità di lavoro a meno di un terzo, per la Corte d’Appello di Torino, accogliendo il ricorso di Inca, i requisiti sanitari sono quelli stabiliti dall’articolo 2 della legge 118/71, che dispone “l’applicabilità della vecchia normativa in tema di età pensionabile in favore di tutti i soggetti invalidi, anche se con capacità di lavoro e quindi di guadagno, perché l’unico requisito posto dalla legge riguarda la misura dell’invalidità, che non deve essere inferiore all’80%, come nel caso esaminato in appello”.
Richiamando l’articolo 1 del decreto legislativo n. 503 del 30 dicembre 1992, infatti, al comma 8, la sentenza della Corte d’Appello di Torino, che ribalta quella emessa in primo grado, sottolinea come l’elevazione dei limiti di età non si applica agli invalidi in misura non inferiore all’80%.
Respinta, dunque, l’interpretazione di Inps, che aveva rigettato la domanda di pensionamento della lavoratrice disabile nel tentativo di far prevalere il requisito dell’invalidità previdenziale su quello generico dell’invalidità civile.
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